Negli scorsi giorni Rob Sherman, Deputy Chief Privacy Officier di Facebook, ha annunciato alcune modifiche delle policy aziendali destinate ad avere un impatto rilevante nel contesto dei rapporti tra protezione dei diritti civili e ordine pubblico. Nel comunicato si legge che gli sviluppatori non potranno più utilizzare i dati ottenuti dalle piattaforme Facebook e Instragram per fini di sorveglianza. Un report dell’American Civil Liberties Union dello scorso ottobre aveva infatti rivelato come le forze di polizia, mediante l’utilizzazione del software Geofeedia, avessero proceduto a monitorare le proteste e le mobilitazioni successive all’uccisione di Freddie Gray a Baltimora.
Immediatamente dopo la diffusione della notizia Facebook, Twitter ed Instagram avevano inibito l’accesso ai proprio dati per fini di sorveglianza a Geofeedia. La decisione relativa all’aggiornamento delle policy interne costituisce dunque un’ulteriore passo intrapreso dall’azienda per tutelare i dati e la privacy dei proprio utenti. Una nuova conferma che oggi la protezione dei diritti civili si gioca sempre più nell’interazione fra diritto statale e policy aziendali.
Tenuto conto di quanto accade negli Stati Uniti viene da chiedersi cosa avverrà in Italia una volta recepita la direttiva relativa alla privacy nel contesto del law enforcement. Le forze di polizia potranno procedere all’utilizzazione di tecnologie simili a quelli fornite da Geofeedia? Saranno predisposte delle eventuali valutazioni d’impatto? Come verrà tutelato il trattamento di dati sensibili quali le opinioni politiche o l’origine etnica e razziale? Insomma, sembra che abbastanza presto anche noi saremo chiamati ad un dibattito simile a quello che sta avendo luogo negli Stati Uniti.
Per approfondire vedi anche: P. Annicchino, Sicurezza nazionale e diritto di libertà religiosa. Alcune considerazioni alla luce della recente esperienza statunitense, Stato, Chiese e Pluralismo Confessionale, 13/02/2017.
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